E’ strano ritrovarsi a parlare di sé o raccontare qualcosa nel mondo del web.
Mi ricordo la prima volta che mi gettai a capofitto nel turbinio della scrittura. Avevo il patetico vizio di iniziare storie e non finirle mai. Mi piacevano, le partorivo con gioia come fossero miei figli e poi le lasciavo al loro destino, a rimanere in una stupida agenda con una frase iniziale a fare da cappello e nessun aforisma finale da inserire come scarpa.
Leggevo collane per bambini, le storie erano fantasiose, carine, forse troppo carine. Alla fine diventavano scontate ai miei occhi. Il primo libro nel quale ritrovai la giusta dose di pathos che ricercavo era Piccole Donne. Che stupidaggine, a guardarlo da lontano è la storia di 4 sorelle. Una che sogna l’anestetica vita matrimoniale, una che preferisce suonare un pianoforte piuttosto che vivere, e una frivola che pur di avere il centro dell’attenzione avrebbe fatto lo sgambetto a tutte le sorelle disposte in fila.

E poi c’era Josephine. Ah, se la ricordo lei. Era fiera, altezzosa, strampalata al punto giusto, benevola con le sue sorelle, impegnata in una tacita sfida con Emily, la frivola di cui sopra.
Lei scriveva, raccontava, sognava, creava folli teatrini. Viveva per scrivere e non le importava dei capelli lunghi, li avrebbe tagliati se fosse stato necessario. Non le importava dei guanti di seta, li avrebbe sporcati con calamaio e inchiostro.
A volte si perdeva nel suo mondo e ne rimaneva inghiottita, e quando risaliva da quell’abisso si ritrovava cambiata. Di conseguenza, anche il mondo circostante lo era.
Quante volte mi sarebbe capitata la stessa cosa, peccato che da bambina non lo sapevo. Mi fermavo ad osservare, tutto qui. Ma nessuno sa quante sfumature si possono cogliere con uno sguardo attento; e non parlo degli occhi.
Ma d’altronde bisogna procedere per gradi. Continuai a scrivere storie e a condannarle all’oblio, nonostante Josephine e le sue sorelle. Non sapevo ancora che la storia che più ci sconvolge è quella che percorriamo ogni giorno nel nostro cammino. A volte la letteratura si sporca di realtà, ma alcune volte, è la stessa realtà che si dipinge di sfumature romanzesche.
Basta saperle cogliere.
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