Mi è capitato spesso di riflettere su cosa significa avere vent’anni.
Mi è capitato di parlarne davanti ad una scrittrice di 30 anni e passa mentre sorseggiavamo un bicchiere di vino e mi è capitato di parlarne con chi 20 anni li ha, proprio come me.
Le idee sono diverse, ma ci sono delle costanti. O se vogliamo un imperativo che padroneggia lo status del 20enne.
Corri, bambina, corri.
Per questo, riprendo la mia rubrica Colonne Sonore, con una canzone dei Garbage.
Run my baby Run.
Questo brano mi ha accompagnato nel processo di consapevolezza, lento e inesorabile, che avere 20 anni è una gran fregatura.
Perché sei preso dal tuo delirio di onnipotenza esattamente come nel periodo adolescenziale, ma in più hai una detestabile responsabilità che accresce man mano che al ventennio si aggiunge un anno. E questa responsabilità ti accarezza con il suo alito pungente.
Per cui la soluzione diventa quella di correre. Dove? Chissenefrega. Intanto corri.
Prendi la metro correndo, mangi di corsa, sorridi velocemente, quasi calcolando il tempo impiegato a far uscire gli incisivi e piegare le labbra, così giusto per non perdere tempo.
Pensi che l’unico modo per ammazzare il tempo sia rincorrerlo, ed è lì l’errore.
Avere vent’anni significa non capire che hai 20 anni.
Pensi che l’unico modo per ammazzare il tempo sia rincorrerlo, ed è lì l’errore.
Ogni volta che ti dai via, il tempo viene a reclamare ciò che hai abbandonato tempo prima.
E mentre ci improvvisiamo Forrest Gump nessuno ci offre una scatola di cioccolatini. Al massimo ci offrono un pretesto in più per correre.
Che non devi fingerti manager di te stessa, che non devi essere sempre all’altezza, che non devi perdere il sonno per sembrare adulto.
Hai vent’anni e quando si ha vent’anni si dovrebbe essere stronzi, si dovrebbe credere al momento come a Babbo Natale, si dovrebbe aver un ottimismo da villeggiatura.
Bisognerebbe capire chi si è prima di avere rimorsi, perché la vita è troppo corta per perder tempo a correre via, persino da se stessi.
E, invece no, si scappa persino dalla propria età. Si corre all’infinito verso una meta nebulosa, senza godersi mai il tragitto che si sta compiendo, sperando che il punto di arrivo ci soddisfi. Eppure, quando arriviamo al traguardo, siamo talmente esausti e privi di entusiasmo che ricominciamo la nostra inesorabile corsa.
Per questo corri, bambina, corri.
Ma solo per goderti il paesaggio, solo per assaporare la fatica, solo per ricordare ogni goccia di sudore. Corri per bruciare le esperienze negative come faresti con i carboidrati. Corri per poi ritrovarti sempre.
E ricordati di fermarti, almeno ogni tanto.
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