Grande attesa per l’uscita del Film "Sulla mia pelle".
La pellicola verrà trasmessa su Netflix e nei cinema italiani (quelli che hanno ovviamente deciso di trasmetterlo). Sì, perché, questa è una di quelle pellicole che si desidera scientemente di guardare, non per passare il tempo o farsi due risate, ma per capire, farsi domande, per diventare più consapevoli.
Il film “Sulla mia pelle” parla degli ultimi sette giorni di vita del 31enne Stefano Cucchi, arrestato dai carabinieri romani, per detenzione e spaccio di droga.
Un caso come tanti, uno potrebbe pensare. Ma non per Stefano che dopo l’arresto avvenuto nella periferia sud- est di Roma e dopo la perquisizione della casa dei genitori (dove le forze dell’ordine non avevano trovato le grandi quantità di droga che si aspettavano) è stato picchiato a sangue da due o più carabinieri esaltati.
Non un cazzotto dato tanto per..ma un vero massacro. Volto tumefatto, vertebre rotte, lividi ovunque.
Il film racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi con un verismo degno di Giovanni Verga. Con un soffermarsi sui particolari sofferenti, degno della “Passione di Cristo” di Mel Gibson.
No, non stiamo paragonando le due situazioni, parliamo solo della scelta narrativa del regista Alessio Cremonini e degli sceneggiatori, Alessio Cremonini e Lisa Nur Sultan, di raccontare questa terribile vicenda in tutte quelle parti dimenticate, in tutti quei frammenti che si erano persi nel tempo. Sì, perché la battaglia legale per fare giustizia nei confronti di Stefano Cucchi è durata 9 anni.
9 anni in cui i genitori di questo ragazzo di 31 anni hanno dovuto combattere con le unghie e con i denti, soprattutto dopo il primo appello, in cui tutti gli imputati, citati in giudizio per aver massacrato Stefano Cucchi, sono stati assolti. 45 udienze, perizie, maxi perizie, 120 testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati. Ma nel 2017 parte di questa giustizia è stata fatta: la procura di Roma chiede il rinvio a giudizio di cinque carabinieri. Per tre di loro l’accusa è di omicidio preterintenzionale. Ad altri due carabinieri sono stati contestati i reati di calunnia e falso.
Questo non può bastare quando si vuole cercare la verità, quando si vuole denunciare con occhio critico e consapevole. “Sulla mia pelle” serve proprio a questo. Ad angosciare, infastidire, irritare, a rompere gli schemi e le barriere di quello crediamo essere “il bene” e quello che etichettiamo come “male”. “Sulla mia pelle” vuole denunciare. Ed era ora che il film italiano tornasse a produrre pellicole con questo scopo. Non a parlare di disastri familiari, eterni Peter Pan o giovani svogliati che non sanno dare un senso alla propria vita.
Una nota speciale per Alessandro Borghi e alla sua magistrale interpretazione.
Persino la sorella, Ilaria Cucchi, si è impressionata per la somiglianza che l’attore è riuscito a raggiungere interpretando il fratello.
L’indifferenza fa più male delle botte.
Questo film ci insegna che non ci sono buoni o cattivi, ma che esiste il silenzio, la negazione della libertà, dei diritti umani del cittadino. Ci insegna a non stare solo a guardare. A chiederci continuamente “cosa avremmo potuto fare” “cosa poteva andare diversamente”.
Teoricamente tutto, praticamente nulla.
L’indifferenza fa più male delle botte.
Ed è proprio così, Stefano è morto per l’indifferenza di tutti noi.
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