Abbiamo dimenticato l’arte di dimenticare

È davvero strana la nostra generazione.

Siamo quelli del “puoi fare tutto ciò che vuoi”. “Non ci sono mai state tutte queste opportunità”.

“Avete strumenti super potenti”.

Ma poi non sappiamo quel che vogliamo, non sappiamo se ci piace la pasta al sugo o la carbonara e non basta vedere il blog di GialloZafferano per faci un’idea. Siamo quelli che va bene l’impegno, ma neanche troppo. Nel lavoro, nelle relazioni e tutto il resto.

Siamo quelli che vogliono tutto e non vogliono niente, perché non ci hanno insegnato cosa è il tutto e cosa è il niente.

Siamo quelli che ci va bene così, perché ci hanno detto di essere versatili, perciò ci piace vestire i panni di chiunque, tranne che i propri. Manco fossimo camaleonti nella foresta tropicale.

Siamo quelli che metter radici anche no, fa che mi abituo.

Siamo quelli che oltre tutto questo, non sanno dimenticare.

Abbiamo ricordi chiusi in cartelle, laptop, memorie esterne e i-Cloud.

Siamo quelli che infilano i sentimenti in Dropbox e poi si accorgono di avere puntualmente la memoria piena. Ma no, non si cancella nulla. Si trovano altri modi, spazi e archi temporali per inserire tutto ciò che ci riguarda.

Documentiamo, comunichiamo, parliamo e scriviamo, ma non sappiamo chi siamo.

Ci coccoliamo del sadismo del passato, perché noi possiamo documentarlo il nostro passato. E se non siamo noi a farlo, ce lo ricorda Facebook.

“Ehy tu, 3 anni fa stavi con quell’idiota!”.

“Buongiorno G., ricordi questa tipa con cui non parli più da mesi per fatti che neanche ricordi?”

“Se vuoi dai un’occhiata a whatsapp, può darsi che tra le chat archiviate trovi qualche spunto”.

Eppure non c’è mai un monito, un pensiero che ci lasciamo alle spalle. Una sorta di avviso, del tipo: “Per non ripetere più”, “Per non passarci di nuovo”. No, questo no ci importa, mai scavare nel profondo a questo modo, lungi da noi.

E devo dirlo, faccio parte di questa generazione e faccio le solite insulse cose. Conservo tutto e non ho mai imparato l’arte di dimenticare. Non dimentico persino la prima strigliata della maestra dell’asilo a cui risposi con un ben servito, figurati il resto.

Ma una cosa la faccio ed è qualcosa che alcuni mi criticano, altri non si capacitano del perché lo faccia, altri giudicano, ma poi sono i primi a leggere quel che scrivo.

Io scavo dentro.

E non lo faccio in maniera normale, lo faccio trivellando la terra e il cemento.

Perché sono una di quelle persone che se le cose non le scrive, non le capisce.

E poi le capisco o almeno ci provo.

Almeno ho il coraggio di guardarmi dentro e di guardare gli altri dentro.

Ma non dimentico, no.

Perché nessuno mi ha insegnato l’arte di dimenticare.

Perché quell’arte lì lasciamola a chi nella vita sapeva essere meno auto referenziale.

Perché oggigiorno ci sentiamo tutti eroi, ma non sappiamo di essere dei semplici aiutanti.

Perché ci sentiamo imprenditori di noi stessi, ma siamo dei venditori porta a porta.

Perché dimenticando potremmo andare avanti, ma guardare indietro ci rende così stupidamente saggi.

Perciò mi (o dovrei dire “vi”?) lascio questo monito.

Ricordati di dimenticare.