S. ha 28 anni. Ha dei capelli lunghi e ricci, color del miele.
S. ha una pelle candida e delle fossette quando ride.
S. ha un bambino piccolo. “Il mio raggio di luce” così lo definisce.
S. ama troppo e non lo sa.
“Sei stupida e inutile”. “Non sei in grado di mantenere ed educare tuo figlio”. “Sei volgare e sguaiata, quando ridi con quella bocca larga”.
S. pensava che lui era nervoso- colpa del lavoro, sta cercando di smettere di fumare, ho preparato la cena troppo tardi. S. era fragile.
Una spinta e perde l’equilibrio. Un calcio dritto in pancia. S. voleva farsi bella per lui. S. aveva passato la piastra ai suoi ricci color miele e aveva reso più rosea la sua pelle color di neve. Ma lui pensava che S. avesse un altro uomo, che lei fosse bugiarda e meschina. E no, non voleva ragionare, lui non aveva bisogno di discutere, lui sapeva già tutto. L’unica cosa da fare era punirla.
S. si ritira in sé stessa. Comincia a costruire un angolo buio e freddo dentro di sé, un angolo dove nascondere la vergogna e il senso di colpa. Un posto dove era più sola che mai, un posto che le permetteva di crogiolarsi nella vacua aspettativa che lui sarebbe cambiato.
Il ricatto emotivo era diventato il suo migliore amico.
La punizione era il suo pane quotidiano.
La tristezza era ciò che accompagnava le sue giornate.
La paura era l’aria con cui riempiva ogni giorno i suoi polmoni.
S. prova a chiedere aiuto e comprensione. S. non mostra più le sue adorabili fossette, S. non riesce più a ridere. Si informa, chiama, cerca su internet e trova un appiglio, trova il punto per riuscire a sciogliere la matassa in cui era imbrigliata.
Lui controlla tutto, ogni mossa, ogni movimento. Lo scopre.
La violenza, il trambusto, la casa a soqquadro. Il bambino che piange. Un sapore metallico in bocca. La luce e poi il buio. Il dolore, una stretta, cadere. Un colpo brutale.
“Il mio raggio di luce” questo era l’unico pensiero che teneva S. in vita.
S. ha 28 anni.
S. ha delle cicatrici sul volto e zoppica per una gamba mal ridotta.
S. molla tutto. La sua casa, il suo paese, il suo lavoro.
S. prende il suo raggio di luce e scappa.
S. non rimane in silenzio.
S. non ha perso la voglia di lottare.
S. denuncia tutto e ottiene l’arresto di quel mostro.
S. ricomincerà da capo, con i segni della sofferenza sulla sua pelle, ma con la forza nel cuore.
S. ha 30 anni. Ha i capelli corti “alla maschietta”. Sono sempre color miele.
S. ha una pelle rovinata dal dolore e dalla violenza. Le fossette quando ride si intravedono ancora.
S. ha un bambino che va alle scuole elementari. “E’ la luce in fondo al buio” così ora lo definisce.
S. ama. S. ha imparato ad amare se stessa. *
(* La Storia di S. è una storia inventata appositamente per far riflettere su un fenomeno delicatissimo come la Violenza Contro le Donne – ogni riferimento a cose e persone è puramente casuale).
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